Dopo sei anni dal suo precedente disco, torna il cantante newyorkese più in forma che mai.
La carriera di Lenny Kravitz, inutile dirlo, si è ramificata su vari aspetti, non soltanto su quello musicale. Potremmo infatti considerarlo un vero e proprio “modello”, attore e chi ne ha più ne metta.
Bisogna dire che Lenny è sempre stato un grande polistrumentista e autore di grande rispetto e carisma, spaziando tra svariati generi e portando un blues rock sempre ben impacchettato, che sicuramente lo ha fatto amare a tante generazioni del post 2000.
Nel corso della sua carriera si è poi lanciato in alcune sperimentazioni un po’ fugaci con l’alt-funk, dal bel groove, il tutto sempre accompagnato da un comparto vocale ottimo.
Dal precedente “Raise Vibration “, la ricetta fino ad oggi non è mai cambiata: adesso si parla di soul, reggae, “Blue Electric Light “, rimembra quelle stesse coordinate, su quell’oceano sonoro, dove tutte le canzoni hanno quel sentore estivo che fa il verso anche ai grandi festival di settore, ma non solo. La cosa che rende spigliato questo album è anche l’immediatezza radiofonica, è suonato con intelligenza e sottolinea ancora una volta che la black music è padrona in tutto intersezioni synth, lasciando spazio anche nel folk acustico, e perché no, anche un ritorno al rock.
Lenny Kravitz ce l’ha presentata in tutte le salse, e qui non viene stravolto nulla, né revisionato né rimodernato. Viene aggiunta anche quella freschezza che è data anche da una grande produzione “Do it yourself”, pur facendosi aiutare anche dall’amico di lunga data e chitarrista della sua band, Craig Ross.
Si ritorna anche a tematiche romantiche, ispiratrici e universali, ma che riflettono anche sull’eredità di pioniere del genere. In “It’s Just Another Find Day” o “TK421” viene proposta una musica dal forte groove che fa il verso alla pista da ballo, oppure è ancora degna di nota la meravigliosa ballata soul anni Settanta “Honey”.
La successiva “Paralyzed”, invece, ritorna sui territori del rock che l’artista batteva quando era un ragazzo negli anni Novanta: è la canzone più energica del disco.
Forse, la canzone che salta più all’occhio e che è coerente anche con la “spiritualità” dell’artista è “Love Is My Religion”, un altro appello rock/funk bollente e smisurato, gioviale e festaiolo e pieno d’amore. Nella sua interezza, “Blue Electric Light” è un album con una tracklist variegata e priva di monotonia. Si passa alla scuola di Steve Wonder e James Brown senza forzature e senza pensarci troppo presentando un lavoro che è come una grande festa, con il sole allo zenith, drink afrodisiaci e spiagge luminose.
In conclusione: rock’n’roll con chitarre funk estatiche, synth analogici robotici, talkbox weezy, un ritmo da dancefloor, assoli di sassofono infuocati e un’intelligente strizzata d’occhio sia a “Boogie Nights”, sia a “Star Wars”. Lenny Kravitz con “Blue Electric Light” ci regala il disco più energico dei suoi ultimi 10 anni, non lesinando in riferimenti alla musica spiritual e ai balletti 80s disco dance. Potrebbe sembrare un lavoro molto simile ai suoi predecessori di questo secolo.
A cominciare dalla suddetta “TK421”, che appare come l’ennesima copia di “Supersoulfighter”, annacquata è una sorta di funk-rock tiratissimo e glitterato in cui Kravitz mette in evidenza il proprio talento compositivo: nulla di trascendentale, sia chiaro, ma si tratta comunque di uno dei brani più riusciti del lotto.
“TK421” è un adrenalinico brano rock’n’roll, da ascoltare a un volume sostenuto, con chitarre funk graffianti, synth analogici robotici, talkbox weezy, un ritmo da dancefloor, un assolo di sassofono infuocato e un’intelligente strizzata d’occhio sia a Boogie Nights che a Star Wars.
E lo stesso discorso, se vogliamo, potremmo estenderlo anche alla luccicante “Human” è un delizioso brano pop dal sapore vintage che ci proietta già nell’estate con le sue atmosfere spensierate, dolci e solari, da ascoltare preferibilmente mentre si è alla guida di una cabriolet diretta verso la costiera.
“Human” è un esaltante inno pop-funk alla vita e all’esperienza dell’essere umani, arricchito musicalmente da tubular bells e ritmiche meccaniche anni Ottanta Un vitalismo evidenziato anche dal video, che proietta sullo schermo lo spirito audace e chiassoso del singolo, con una performance di Kravitz e della sua band che interrompe letteralmente il traffico con effetti sorprendenti.
II brano d’apertura “It’s Just Another Fine Day (In The Universe of Love) è un sensuale funk-rock, ricco di positività, di armonie vocali e di chitarre ruggenti, condensa momenti che evocano “Let Love Rule” e parti che ricordano un altro cavallo di battaglia by Lenny: “Stillness Of Heart”.
Molto meglio, quindi, le fermate soulful come “Honey” e “Stuck In The Middle” o le potenziali hit synth-funk alla Prince come “Let It Ride” qui e là con qualche passaggio meno orientato alla blaxploitation qui Il fantasma di Prince torna a farsi rivedere in quella marcetta tutta synth e tastierin ,un pezzo che possiede uno dei refrain più incisivi della tracklist ,è un affascinante electrofunk notturno, minimalista e ipnotico, che suona quasi come un omaggio a Prince.
Con “Paralyzed” Lenny Kravitz prova ad reindossare le vesti pop-rock degli Anni Novanta: esperimento apprezzabile, non c’è che dire, è un accattivante rock midtempo, dalle atmosfere epiche e magniloquenti, scandito da un drumming prodigioso e con una grande apertura melodica del ritornello.
L’album si chiude infine con la title track, una ballata rock molto eighties che non sfigurerebbe nell’ennesima serie Netflix ambientata in qualche college statunitense dell’epoca.
Un disco che, dunque, scorre senza fronzoli, con pochissime luci, ma che conserva più o meno intatto quel calore rock, soul e funk da sempre prerogativa del polistrumentista originario delle Bahamas.
“Blue Electric Light” va ascoltato per quello che è: ossia, l’onesto prodotto sonoro di un sessantenne in splendida forma e dal talento indiscutibile.
I tempi gloriosi di “Always On The Run” o di “Are You Gonna Go My Way” appaiono piuttosto lontani, ma al Lenny Kravitz attuale potrebbe fregargliene il giusto.
Oltre all’apparenza, che di certo non manca, c’è però tanta sostanza, basti pensare che Kravitz, oltre a cantare, suona chitarra, basso, batteria, pianoforte, armonica e persino l’esotico sitar qualità che gli hanno permesso di aggiudicarsi 4 Grammy Awards e di vendere 40 milioni di album nel corso della sua trentennale carriera.
Il cantante e chitarrista è stato a volte criticato dalla critica rock più integralista per le sue concessioni al pop, ma chi ha avuto la fortuna di vederlo dal vivo sa bene quanto, nei suoi live, Lenny privilegi la componente rock dei suoi brani, con lunghi e infuocati assoli di chitarra elettrica. Il suo status di icona globale è confermato, oltre che dal recente premio “Fashion Icon Award“.
La sensuale “Stuck In The Middle” evidenzia la grande duttilità vocale di Kravitz, abilissimo nell’ alternare il falsetto a un timbro più scuro, mentre la giocosa Bundle of Joy è un’esplosione di elettricità, chitarre e tastiere anni Ottanta. Il rock dritto e solido di “Love Is My Religion” si riallaccia, come sonorità, ai suoi primi album di inizio anni Novanta, con un coro che sembra pensato per esaltare dal vivo le grandi platee, Heaven è un funk-rock con un grande tiro, tipicamente in stile Lenny e “Spirit In My Heart” è un soul moderno e awolgente. L’album si chiude con le tastiere elettriche e i ritmi morbidi e cadenzati della title track Blue Electric Light, che acquista a poco a poco ritmo e chitarre, fino a diventare un brano yacht rock in cui Kravitz invita la sua lei a trascorrere un’indimenticabile notte d’amore sotto “un cielo blu elettrico”
Blue Electric Light è un album composto, suonato e prodotto magnificamente, con una grande varietà di stili e di atmosfere, che coinvolge, diverte ed emoziona l’ascoltatore e che (cosa sempre più rara) si lascia ascoltare volentieri per tutti i suoi 55 minuti, senza che si avverta mai l’esigenza di skippare un brano.
L’album è l’ennesima conferma del talento di Kravitz come scrittore, produttore e polistrumentista, che ha scritto e suonato lui stesso la maggior parte degli strumenti di Blue Electric Light insieme al suo chitarrista di lunga data Craig Ross. Dodici brani che arricchiscono il già notevole canzoniere di Lenny e che il pubblico italiano potrà apprezzare dal vivo nei suoi concerti del 12 Luglio al Lucca Summer Festival, del 13 luglio a Umbria Jazz e del 13 agosto al Lido di Camaiore.
Sentirlo dal vivo nelle tappe estive già annunciate a Lucca, Perugia e Lido di Camaiore, sarà ancora più esaltante perché è proprio nella dimensione live che Kravitz dà il meglio di sé, con la sua immensa presenza scenica e le indiscutibili capacità tecniche.
Interessanti le parti vocali, invece, a conferma della grande duttilità vocale di Lenny, capace di passare dai falsetti alla Prince, come in “Bundle of Joy”, a timbriche più cupe, come in “Stuck In The Middle”, fino alla sensualità sussurrata di Blue Electric Light, e altrettantoaccattivanti quelle di basso, con delle ritmiche che, a tratti, ricordano la discomusic anni ’70 e i grandi bassisti della decade successiva, John Taylor dei Duran Duran e Marc King dei Level 42 su tutti.
Il brano che meno mi convince è “Let it Ride”, ritmo ossessivo e suoni elettronici, mentre i miei preferiti sono di gran lunga “TK421”, “Honey” una ballad romantica dal sapore soul. “Paralyzed” il pezzo con il piglio decisamente più rock, per la batteria scoppiettante, l’uso di chitarre distorte e wah wah, dall’intermezzo quasi psichedelico. L’unico pezzo dall’atmosfera drammatica sembra essere “Spirit In My Heart”, reso interessante dal pathos con cui Kravitz canta.
Quando si parla di Lenny Kravitz alla fine si va sempre a cadere sulla sua splendida forma fisica, sulle sue mille case, il suo lato spirituale e le sue relazioni ma sempre meno di musica. Dopo aver ascoltato questo “Blue Electric Light” forse qualcuno tornerà ad accorgersi del Kravitz inossidabile autore e musicista.
Questo suo dodicesimo disco non è niente di nuovo, Kravitz è sempre un artista, capace di mescolare e lavorare su melodie e sound già nell’aria, creati da grandi maestri del soul, del rock e del rhythm & blues, per creare nuove canzoni che funzionano in modo eccellente.
Ascoltando queste 12 tracce anche i detrattori più arcigni dovranno arrendersi e ammettere che il Nostro qui possiede la polverina magica per la fusione radio friendly di rock e soul per un songwriting dalla ricca grammatica pop.
Ad esempio il groove sornione della canzone d’apertura “It’s just another fine day” prende spunto dal vecchio classico di Aaron Neville “Hercules”, il riferimento di “Paralyzed” è chiaramente “When The Levee Breaks” dei Led Zeppelin, e poi qua e là (“Tk421” e “Bundle of Joy”) ampi echi di Prince.
Derivativo, mi direte. Certo, ma poco importa quando poi i risultati sono queste canzoni realizzate con questa gran maestria, come ad esempio l’ottima yacht rock track “Honey” e la perfetta ballad “Spirit in my heart” che possono diventare a loro volta nuovi classici.
Si dice che Kravitz abbia trascorso il lockdown alle Bahamas in un contesto ideale per la creatività che gli ha fatto scrivere tanto materiale per quattro potenziali album, tra cui questo doppio che rappresenta la sua prima uscita in sei anni. Quindi se questo è il livello c’è da aspettarsi altri dischi piacevolissimi, in cui gioca sempre da solo, senza bisogno di featuring o collaborazioni con altre pop star o produttori di grido.
Il Mio personale voto a questo album è un 8.
Alla Prossima da SonoSoloParole.
Quattro Grammy vinti, 35 anni sul palco a fare musica, una carriera cinematografica, una stella appena disvelata sulla Hollywood Walk of Fame, un compleanno importante – i 60 anni – segnato per il 26 maggio e quella sensazione di pace e soddisfazione che hanno solo le persone davvero realizzate. Tutto questo è oggi Lenny Kravitz, artista uguale a se stesso da sempre.
Grazie sono solo parole per avermi ricordato questo grande artista nel panorama musicale di sempre.
I 4 Grammy vinti consecutivamente sono un record. La vita di una rockstar è una benedizione e allo stesso tempo un fardello pericoloso ma è un artista più in forma che mai e lo dimostra questo grande album.
Dopo aver letto questa tua recensione mi è venuta voglia di ascoltare Lenny e scoprirlo
Grazie Ibernato. Un ottimo disco a mio modesto parere. Il mio scopo e proprio questo invogliare ad ascoltare le nuove uscite musicali, che ovviamente le ascoltiamo in rotazione su Radio Febbre. Un caro saluto.
Oltre la voce stupenda, le canzoni fantastiche…. ma quanta sensualità! Di lui adoro American Woman mi fa ricordare il mitico jimi Hendrix Complimenti soly per la perfetta recensione!!
Continua così.
Grazie di cuore a te Stevie_ray per esserti preso la briga di leggerla e di seguire ciò che posto. Un caloroso saluto!