Le leggende natalizie, sono profondamente radicate nelle tradizioni popolari che, spesso, hanno versioni diverse da Paese a Paese. Ci sono momenti dell’anno che richiamano racconti e il Natale, si sa, è il momento perfetto per tramandare leggende natalizie; storie in parte vere, in parte inventate, che allietano le serate di questo periodo!
I nostri ricordi da bambini sono legati, a questi racconti… Tutti noi, abbiamo, almeno in un ricordo d’infanzia, una storia natalizia. Chi ha avuto la fortuna di trascorrere del tempo con i nonni sa di cosa parlo! Quando, durante queste serate in famiglia, ci riunivano davanti al camino, raccontando e tramandando tradizioni popolari, ma, i racconti natalizi, non sono solo quelli tramandati a voce, in famiglia con fiabe natalizie. Ogni zona d’Italia poi ha la propria versione della medesima storia, ma poco importa, la magia che creano è sempre la stessa e anche, a distanza di anni, le leggende natalizie sono sempre le preferite di grandi e piccini (l’immagine che vedete a lato è un disegno fatto da me da ragazzina che riprende mia nonna, colei che mi narrava tutte queste leggende).
Oggi vigilia di Epifania farò il mio “racconto” quindi, mettetevi comodi al calduccio e seguitemi!
“Pasqua Epifania, tutte le feste si porta via “il 6 gennaio, festa dell’Epifania, segna la fine del periodo allegro e festoso di Natale ed è un giorno particolarmente sentito dai bambini e dalle famiglie, visto che nella notte fra il 5 e il 6 gennaio una tenera e simpatica vecchina, la Befana, gira di casa in casa per lasciare golosi regali nelle calze dei bambini buoni.
Ma sapete che il giorno dell’Epifania è associato alla Pasqua? Alle origini di questa usanza si possono dare due spiegazioni: popolarmente il termine Pasqua veniva utilizzato per indicare qualsiasi festa religiosa: la Pasqua di Natale, la Pasqua o Pasquetta per l’Epifania, la domenica delle palme diventava la Pasqua fiorita, la Pentecoste era la Pasqua rosata, infine la festa di Tutti i santi la Pasqua dei morti.
Una seconda spiegazione si riferisce al fatto che per antichissima tradizione la liturgia della messa dell’Epifania prevede, tra il Vangelo e l’omelia, il solenne annuncio del giorno di Pasqua e il giorno di Pasqua è presentato come il centro di tutto l’anno liturgico, una sorta di data zero da cui si originano le altre feste mobili: le Ceneri, l’Ascensione, la Pentecoste, la prima domenica di Avvento.
Non è solo un semplice avviso, utile ad un mondo contadino e pastorale che non aveva calendari appesi in salotto: il testo ha un forte valore rituale ed è cantato, ove possibile, in latino e seguendo la melodia gregoriana. Oggi però sono molto diffuse delle forme adattate al testo italiano, l’uso di annunciare la data di Pasqua il 6 gennaio si perde nei secoli.
Sappiamo che già ai tempi di Sant’Ambrogio, nella Milano imperiale del IV secolo, nel giorno dell’Epifania veniva annunciata la data di Pasqua e si scrivevano i nomi di quanti avrebbero ricevuto il battesimo nella solenne veglia pasquale, l’Epifania, pienezza del Natale, era all’epoca e lo è ancora oggi, anticipazione della gloria che irradia Cristo risorto.
Il termine “Epifania” deriva dal greco antico, verbo epifàino (“mi rendo manifesto”), dal sostantivo femminile epifàneia (traducibile con “manifestazione”, “apparizione”, “venuta”, “presenza divina”). È chiamata impropriamente con il termine profano Befana (corruzione lessicale di Epifania, dal greco, epifáneia, attraverso bifanìa e befanìa), figura folcloristica tipica di alcune regioni italiane e diffusasi poi in tutta la penisola.
L’ “Epifania” intesa come solo Battesimo di Gesù fu riconfermata dal teologo Epifanio di Salamina, uno dei Padri della chiesa, essa doveva ricadere 12 giorni dopo la ricorrenza del Natale, questo probabilmente per assorbire gli antichi simbolismi del numero 12 nei precedenti riti pagani del Sol Invictus.
Il problema delle date si restrinse solo più nell’adattamento ai vari tipi di calendari; un antico documento, il Cronografo del 354 di Furio Dionisio Filocalo, citava tutte le ricorrenze romano-cristiane dopo il Concilio di Nicea del 325 d.C., compresa l’Epifania; nel 46 però, Giulio Cesare aveva introdotto il calendario giuliano e, a causa di complessi calcoli, quello giuliano risultava sfasato esattamente di 13 giorni più avanti rispetto a quello più recente gregoriano, adottato nel mondo occidentale cattolico dall’anno 1582.
Invece, gli Ortodossi della Chiesa d’Oriente di rito Bizantino, chiamati anche “Cristiani Ortodossi di Vecchio Calendario (o di Calendario Giuliano)”, celebrano l’Epifania il 19 gennaio del nostro calendario, e la chiamano Teofania (manifestazione di Dio), mentre il “loro” Natale cade il 7 gennaio.
Inoltre, la suddetta Teofania di Calendario Giuliano viene celebrata come la sola Commemorazione del Battesimo di Gesù nel Fiume Giordano. Per la Chiesa di rito romano, madre dell’attuale Cattolicesimo, l’Epifania doveva cadere il 6 Gennaio del calendario Gregoriano, commemorando la “manifestazione” del Signore attraverso il segno rivelatore dell’adorazione dei Magi a Betlemme, mentre il Battesimo di Gesù, invece, doveva essere separato, e cadere quindi nella domenica immediatamente successiva al 6 gennaio.
Fu sempre nello stesso periodo che, per le sole Chiese romane, l’adorazione dei Magi fu fatta coincidere col 6 gennaio piuttosto che col 25 dicembre, sebbene le due ricorrenze commemorino sempre la stessa manifestazione di Betlemme.
Per alcuni paesi cristiani in cui l’Epifania non era istituita come festa di precetto, questa veniva celebrata il lunedì coincidente o successivo al 6 gennaio; nella messa tridentina, invece, il Battesimo di Gesù viene celebrato in un giorno fisso, detto l’“ottava di Epifania” (13 gennaio) e cioè 8 giorni dopo l’Epifania, la ricorrenza del Battesimo di Gesù conclude tutto il periodo natalizio dell’anno liturgico cattolico romano.
Nelle varie culture la celebrazione dell’Epifania si accompagna a simboli e tradizioni diverse di derivazione molto antiche (culti solari) frammiste a contaminazioni più recenti come: La stella di Betlemme che guida i magi, riproposizione artistica di Giotto nell’affresco della Cappella degli Scrovegni della stella citata nel Vangelo secondo Matteo; l’accensione di fuochi augurali (culti solari);l’accensione dei falò la sera dell’Epifania o la sera precedente; la tradizione dei regali ai bambini e alle bambine (nella calza dove possibile messa al camino), soprattutto nei paesi di tradizione cattolica; in Italia, i doni sono portati dalla Befana (personificata da una vecchia brutta ma buona, legata secondo la tradizione all’adorazione dei magi). In Spagna e altre nazioni e/o regioni, i regali sono portati dai Re Magi;
L’uso, nella maggior parte dell’Europa, di preparare un dolce al forno con dentro la figurina di uno dei magi: spesso si nasconde la figurina e la persona cui capiterà il re, diventerà il re della giornata con particolari privilegi e obblighi (Galette des rois, Roscón de Reyes);
Nella notte tra il 5 e il 6 di gennaio, infatti, sotto il peso di un sacco stracolmo di giocattoli, cioccolatini e caramelle (sul cui fondo non manca mai anche una buona dose di cenere e carbone), la Befana vola sui tetti e, calandosi dai camini, riempie le calze lasciate appese dai bambini, i doni, di questa vecchietta gentile, rappresentano dei simboli, di buon auspicio, per l’anno che è appena iniziato.
Una leggenda narra che Numa Pompilio (uno dei famosi 7 Re di Roma), avesse l’abitudine di appendere, durante il periodo del solstizio d’inverno, una calza in una grotta, per ricevere doni da una ninfa.
La calza, che ancora oggi si utilizza, deriva anche dal pensiero che, i bambini, avevano per la vecchietta, con tanti buchi nelle scarpe e nelle calze, così in cambio di dolcetti, avrebbe potuto prendere le calze nuove, offerte dai bambini.
Il camino, da sempre, è ritenuto simbolo di aggregazione, lo sapevate che, durante le feste si utilizzava un Ceppo che doveva essere per riscaldare le 12 notti dal Natale Epifania?
Ma chi è la Befana?
La leggenda narra che,in una casetta che sorgeva un po’ discosta dal villaggio, era una casetta piccola e un po’ malconcia, ci viveva una vecchina che usciva ogni mattina per fare legna nel bosco. Poi tornava a casa e si sedeva accanto al focolare insieme al suo gattino e raramente vedeva delle altre persone, nel villaggio aveva la fama di essere una strana vecchina, un po’ maga, e nessuno si spingeva fino a quella casetta isolata, soprattutto in inverno, quando venti gelidi colpivano a raffica la regione.
Una sera, una fredda sera di gennaio, la vecchina (che si chiamava Befana) sentì all’improvviso bussare alla sua porta, naturalmente si spaventò: chi poteva essere, a quell’ora e con quel tempo? All’inizio non voleva aprire, ma poi la curiosità la vinse, e, quando aprì… oh, meraviglia! Davanti a lei c’erano tre orientali riccamente vestiti, che erano scesi dai loro cammelli per chiederle la strada per Betlemme. La vecchina era stupefatta: perché mai volevano andare a Betlemme? I tre viandanti, sì, proprio loro, i Re Magi! Le raccontarono allora che stavano andando a portare i loro doni al Bambino Gesù e la invitarono a unirsi a loro.
La Befana ci pensò un po’ su, ma… chi se la sentiva di partire con un freddo simile? Così li lasciò andare, dopo aver dato loro le indicazioni che chiedevano ma poi però si pentì. Aveva commesso un grande errore! Presto, doveva raggiungerli! Così uscì a cavallo della sua scopa (sì, la Befana un po’ maga lo era davvero!) per cercarli e andare con loro a rendere omaggio a Gesù, ma non riuscì più a trovarli. Perciò ebbe un’idea: si fermò in tutte le case, lasciando un dono a ogni bambino, nella speranza che uno di loro fosse Gesù e da allora ha continuato, anno dopo anno, a portare i suoi doni a tutti i bambini nella notte tra il 5 e il 6 gennaio.
Ma oggi vi voglio raccontare anche un’altra storia raccontatami nella mia infanzia dai miei nonni anzi da mio nonno che nei pochi inverni che ho avuto la fortuna di averlo con me mi raccontava favole e leggende e spesso anche tutta la famiglia compresi gli adulti restavano a occhi aperti a sognare e ad orecchie vigili a una sola parola!
Secondo le credenze popolari, durante questa notte speciale si verificherebbe la “Processione dei Morti di Pasqua-Epifania “, la leggenda narra che i defunti tornerebbero a camminare in processione per le vie del paese, un evento considerato di cattivo auspicio per chi vi assiste.
Il periodo che va dal 1 Novembre all’Epifania è uno dei periodi più misteriosi dell’anno, gli antichi dicevano che il Primo Novembre i morti entravano da una porta e poi, attraversata la Valle di Giosafatte, uscivano dalla porta dell’Epifania. Sempre secondo il racconto, la Valle di Giosafat era piena di rovi e le spine laceravano tutti coloro i quali, nella vita terrena, si erano comportati in modo dissoluto. Solo i puri di cuore avrebbero attraversato indenni la Valle di Giosafat e per di più, su un cavallo bianco, segno di purezza d’animo.
A questo proposito esiste un detto antico che recita: Tutte le feste vadano e vengano, Pasqua Epifania, mai venisse! Questo detto è importante perché spiega il motivo per il quale, nella notte tra il primo e il due Novembre e la notte tra il 5 e 6 Gennaio, si lasciava la tavola imbandita con vino, pane, acqua, ago e filo, oltre al giaciglio preparato, in previsione di accogliere i defunti che, in quella occasione, verranno trovare i propri cari.
Se le vivande servivano per rifocillare i morti che in quella notte avrebbero fatto ritorno a casa propria, l’ago e il filo servono per rammentare i vestiti lacerati nell’attraversamento della Valle.
Questo detto giustifica anche la leggenda secondo la quale, in questa magica notte, accendendo una candelina, e posandola sul davanzale della finestra su un piattino ricolmo d’acqua, si potevano vedere specchiate le ombre del corteo delle anime vaganti. A capo della processione c’erano i bambini in ordine di età, e chiudevano il corteo i “disgraziati”, coloro i quali erano morti per disgrazia, perdendo una gamba, rimanendo schiacciati, etc. l’anima di quest’ultimi sarebbe rimasta nel luogo della disgrazia fino al momento in cui era segnato dal destino il giorno della sua dipartita.
Il lasso di tempo che va dal primo Novembre al giorno dell’Epifania è il periodo dell’anno in cui la natura muore, l’inverno incede e le giornate sono più corte.
Gli antichi, che avevano una spiccata propensione all’osservazione dei fenomeni naturali, collegavano il riposo invernale alla morte e giustificavano questo lasso di tempo come il tempo dei morti. La concezione del tempo per gli antichi era ciclica, cosicché anche la morte umana avrebbe obbedito a questa legge empirica. La morte, in ogni accezione, non sarebbe mai stata definitiva, per cui in questo periodo i morti sarebbero dovuti venirci a trovare. Il motivo per il quale in alcune comunità la calza si dona ai bambini il giorno dell’Epifania è dovuto al fatto che i morti lasciano il regalo quando se ne vanno.
Non a caso la sera tra il 5 e il 6 gennaio, in virtù di una antica tradizione si continua ad apparecchiare la tavola con un pezzo di pane, la bottiglia dell’acqua, le posate, ecc. come si fa normalmente negli altri giorni o quando si ha un ospite in casa.
Tutto questo perché fermamente convinti che a mezzanotte in punto verranno a trovarci i nostri cari Defunti, per rifocillarsi e respirare l’aria di casa fino al primo spuntare del giorno, allorché ridiventano ombre invisibili. Un’altra credenza riguarda la Processione dei Morti (la processione di Pasqua-Epifania), che si concretizzerebbe, secondo l’immaginario collettivo, a cominciare dalla mezzanotte, a cui è vietato assistervi. Chi lo fa muore!
Mia nonna, (in un racconto che a sua volta gli fu narrato dai suoi antenati) “Raccontava che a Pasqua Epifania (6 Gennaio), si facevano le stesse funzioni (religiose) della notte di Natale e forse ancor più belle! La notte tra il 5 e 6 Gennaio,una donna di paese, mentre andava a casa sua, passò davanti la Chiesa del Purgatorio e vide che la chiesa era spalancata e pensò: “Vedi un pò già c’è messa ”! Entrò ad ascoltarla ma, come è entrata ha visto una sua amica che era morta e pensò: “Questa è morta e sta qui!?” ma questa amica morta andò da lei e le disse: “Vattene via, altrimenti la chiesa si chiude e resti dentro!” Era mezzanotte, questa se ne è uscì di corsa e appena se n’è uscì si serrò di colpo la porta della chiesa e rimase nella porta un lembo che si era strappato della gonna.
Poi il racconto(leggenda) narra ancora di un pastore che lavorava per un ricco Signore Nobile, questo pastore doveva portare nel giorno della festa, un capretto al padrone, ammazzato e preparato la sera prima…Si svegliò di colpo nella notte tra il 5 e il 6 Gennaio e vide che c’era la luna piena, come un “cuore di mezzogiorno” Disse: “Mamma mia si è fatto giorno, adesso che vado dal padrone che cosa mi deve dire? Prima di orologi non se ne usavano. Il Pastore prende il capretto, se lo mette addosso e ma nel frattempo sentì suonare la campana: don don! “Madonna, ha detto, è mezzogiorno! ” Invece, era mezzanotte! Allora ecco che vide scendere una processione da una strada accanto a lui, e quando arrivò vicino a lui vide il compare che andava davanti a tutti, che portava la croce… Quello era morto per ultimo… Si fermò vicino e disse: “Compare e tu ci fai qui ?” Il pastore si mise la mano alla fronte e disse: “Ah, questa è la processione di Pasqua-Epifania!” e scappò di fretta a casa, e dopo aver raccontato tutto alla moglie morì. I morti andavano in fila, con le candele accese… Dove andavano a finire? Nessuno lo sa!”.
Secondo la tradizione, i defunti iniziano il loro cammino alla mezzanotte del 2 novembre per terminarlo, non a caso, il 6 gennaio, quando nei culti antichi latini si celebrava la morte e la rinascita della natura; la Befana stessa rappresenta la personificazione femminile dell’inverno che viene bruciata come (la vecchia) ad indicarne la fine in un tripudio di luce.
Durante il viaggio, i morti, tornano dai loro cari che accendono dei lumini in loro ricordo e lasciano cibo in modo da nutrirsi durante il cammino e legna nei caminetti per permettere loro di scaldarsi. Il consumare il cibo richiama le radici celtiche della festa dei morti. In area celtica ai primi di novembre si celebrava Samhain (unione), riunione tra i viventi e dei viventi con i loro defunti, una delle più importanti feste stagionali.
La notte della vigilia gli spiriti dell’oltretomba potevano temporaneamente fare ritorno alle loro antiche dimore per riunirsi con i propri antenati e festeggiare con banchetti.
Nell’antica Grecia si credeva che i morti ritornassero al calare della sera per apparire ai vivi e da questo, alcuni credono abbia avuto origine la figura dei fantasmi dove il lenzuolo altro non è che la lunga tunica con cui venivano avvolti i defunti. Sul piano culturale, “la festa dei morti” s’iscrive, più in generale, in quel processo che mette in contatto il cielo alla terra nella ricerca di un orizzonte “consolatorio” che dia un senso al mistero della vita. Il dramma cosmico dell’avvicendarsi di vita e morte, di luce e tenebre.
Si crede, infatti, che la notte tra il 5 e il 6 gennaio, festa dell’Epifania, i defunti riprendano il corpo e vengano su questa terra per visitare i luoghi in cui sono vissuti e per segnare con una croce, invisibile ai vivi, le abitazioni delle persone che dovranno morire durante l’anno.
Scommetto che vi state chiedendo se sono veri questi fatti? Beh, anche a me piacerebbe saperlo… chi lo sa!!
Buona Epifania!
Da Parte mia è tutto.
Alla prossima da SonoSoloParole.