Travestimenti, balli in maschera, scherzi di ogni tipo ed imperdibili sfilate di carri allegorici, questa è sicuramente la festa che tutti conosciamo e che i bambini e perché no anche gli adulti non vedono l’ora di vivere in prima persona ma, qual è la storia del Carnevale?
Sapete, c’è un proverbio associato al carnevale, derivato dall’antico detto latino “semel in anno licet insanire” ossia “una volta l’anno è lecito impazzire”, quindi correte a mettetevi in maschera a prendere i coriandoli perché il “Carro allegorico di Radio Febbre” sta per iniziare la sua sfilata di Carnevale!
Parto col dire che la parola “Carnevale” deriva dal latino carnem levare ovvero “eliminare la carne” poiché anticamente indicava il banchetto che si teneva l’ultimo giorno di carnevale, il martedì grasso, prima del periodo di astinenza e digiuno dettato dalla Quaresima durante la quale poi a nessuno era concesso di mangiare carne.
Il Carnevale non ha una data fissa poiché ogni anno dipende da quando cade Pasqua, infatti il tempo di Carnevale inizia la prima domenica delle nove che precedono quella di Pasqua e raggiunge il culmine il giovedì grasso e termina il martedì successivo, ovvero il martedì grasso, che precede il Mercoledì delle Ceneri, inizio della Quaresima ma dove si osserva il rito ambrosiano, nell’Arcidiocesi di Milano, la Quaresima inizia di domenica, in questo modo la festa dura di più, terminando il sabato dopo le ceneri, ritardando così di 4 giorni il periodo denominato del “Carnevalone“.
Ma perché a Carnevale ci si veste in maschera? Beh, la consuetudine di travestirsi sembrerebbe risalire all’antico Egitto, secondo quanto riportato dallo scrittore, filosofo e retore romano Apuleio, era tradizione indossare delle maschere in occasione dei festeggiamenti in onore della dea Iside, la dea della magia, della fertilità e della maternità.
Secondo numerose fonti, tra cui Apuleio, il “travestimento” deve essere fatto risalire a una festa in onore della dea egizia Iside, durante la quale erano presenti numerosi gruppi mascherati, questa usanza venne importata anche nell’Impero Romano: alla fine del vecchio anno un uomo coperto di pelli di capra veniva portato in processione e colpito con bacchette.
L’Italia ha una tradizione legata ai travestimenti ed alle maschere davvero molto antica infatti, nel Seicento si sviluppa in alcune regioni d’Italia la Commedia dell’Arte, uno spettacolo teatrale dove i personaggi utilizzavano maschere e costumi che rappresentavano degli stereotipi di personalità dell’epoca, uno spettacolo teatrale che vedeva gli attori indossare maschere e costumi per interpretare dei personaggi dal carattere ben definito come il padrone, il servitore, il sapiente, l’imbroglione.

Proprio in questo periodo, ispirate dai teatri, nascono le maschere italiane più celebri come Arlecchino, Balanzone, Pulcinella, Colombina, Pantalone che incarnano virtù e umani difetti senza dimenticare il gusto per lo scherzo ed il divertimento nel perfetto spirito del Carnevale.
Nasce così a Bergamo: Arlecchino il servitore, a Venezia: Pantalone il padrone, a Bologna il sapiente Balanzone, a Napoli il fanfarone Pulcinella e nel resto d’Italia altrettante maschere caratteristiche. Questi personaggi avevano “rubato” proprio dal Carnevale l’attitudine allo scherzo, al travestimento e alla battuta di spirito e proprio per questo sono entrate di diritto nelle tradizioni carnevalesche e ancora oggi sono tra i costumi più ricercati.
In questo scenario, i servi goffi e sbeffeggiati dal potere riuscivano tramite una serie di metamorfosi ad attestare la loro rivincita contro i nobili, il carnevale si inquadra quindi in un ciclico dinamismo di significato mitico: è la circolazione degli spiriti tra cielo, terra e inferi.
Il Carnevale riconduce a una dimensione metafisica che riguarda l’uomo e il suo destino, in primavera, quando la terra comincia a manifestare la propria energia, il Carnevale segna un passaggio aperto tra gli inferi e la terra abitata dai vivi, anche Arlecchino ha una chiara origine infera.
Le anime, per non diventare pericolose, devono essere onorate e per questo si prestano loro dei corpi provvisori: essi sono le maschere che hanno quindi spesso un significato apotropaico, in quanto chi le indossa assume le caratteristiche dell’essere “soprannaturale” rappresentato e queste forze soprannaturali creano un nuovo regno della fecondità della Terra e giungono a fraternizzare allegramente tra i viventi.
Le maschere che incarnano gli antenati, le anime dei morti che visitano cerimonialmente i vivi (come in Giappone, in Germania ecc.), sono anche il segno che le frontiere sono state annientate e sostituite in seguito alla confusione di tutte le modalità. In questo intervallo paradossale fra due tempi, fra due Cosmi, diventa possibile la comunicazione tra vivi e morti, cioè fra forme realizzate e il preformale, il larvale.
Il carattere infernale e diabolico delle maschere è riconoscibile in particolare in certe maschere come il già citato Arlecchino ,maschera policroma e fiammante vestito a losanghe policrome; Pulcinella, volto metà bianco e metà nero e camice bianco; Zanni, tunica e calzoni bicolori poi tra le maschere regionali italiane che maggiormente testimoniano l’origine infero-demoniaca ci son i mamuthones e gli issohadores in Sardegna.
Alla fine il tempo e l’ordine del cosmo, sconvolti nella tradizione carnevalesca, vengono ricostituiti con un rituale di carattere purificatorio comprendente un “processo”, una “condanna”, la lettura di un “testamento” e un “funerale” del Carnevale il quale spesso comporta il bruciamento del “Re carnevale” rappresentato da un fantoccio, altre volte l’immagine simbolo del carnevale è annegata o decapitata.
Il processo e la messa a morte del Carnevale, sul quale si addossano tutti i mali della comunità, è la parodia di un vero e proprio processo con imputato, avvocato difensore, pubblico ministero ed altri personaggi.
Durante queste festività era lecito lasciarsi andare, liberarsi da obblighi e impegni, per dedicarsi allo scherzo e al gioco, inoltre mascherarsi rendeva irriconoscibili il ricco e il povero, e scomparivano così le differenze sociali e una volta terminate le feste, il rigore e l’ordine tornavano a dettare legge nella società.
Si è scoperto inoltre che nelle lontane soprattutto in Oriente, c’erano molte feste con cerimonie e processioni in cui gli individui si travestivano, a Babilonia, ad esempio, non era strano vedere grossi carri simboleggianti che celebravano la creazione del mondo riproducendo i profili della Luna e il Sole sfilare per le strade rappresentando la creazione del mondo.
In generale però lo spirito della festa è quello di livellare l’ordine delle cose, ribaltare la realtà con la fantasia e travestirsi da ciò che non si è.
Nel Medioevo, ad esempio i popolani potevano per poche ore divertirsi senza pensieri e sentirsi al pari dei potenti: persino lo Scemo del villaggio poteva indossare una corona!
Il Carnevale è un momento di festa per tutti, ma da dove arriva questa tradizione? Secondo le origini, il mese di Febbraio segnava il passaggio dall’inverno alla primavera ed era il momento scelto dei riti di purificazione, tenuti in onore del dio etrusco Februuse della dea romana Febris.
Le origini del Carnevale sono antichissime, affondano le radici nei riti etruschi ed in quelli romani volti a celebrare il ritorno della fertilità ed il passaggio dall’inverno alla primavera
Le origini della festa vanno però ricercate molto prima del cristianesimo: Babilonesi, Ittiti, Fenici, Egizi e molti altri popoli dell’antichità festeggiavano infatti in questo modo le proprie divinità.
Il Carnevale è una festa legata al mondo cattolico e cristiano, ma se le sue origini vanno ricercate in epoche molto più remote, quando la religione dominante era quella pagana e la ricorrenza infatti trae le proprie origini dai Saturnali della Roma antica o dalle feste dionisiache del periodo classico greco.
Febbraio era il mese in cui nell’antica Roma si celebrava la fertilità della terra che, dopo le ristrettezze dell’inverno, ricominciava a nutrire uomini e animali, erano periodi di festa in cui si susseguivano banchetti, balli, scherzi e si assisteva ad un temporaneo sovvertimento delle gerarchie sociali, feste romane conosciute come Saturnalia, dei lunghi giorni di festa dedicati un importante avvenimento religioso legato al Dio Saturno, secondo la mitologia, Saturno è il Dio dell’età dell’oro, un’età in cui l’uguaglianza, l’abbondanza e la felicità erano alla portata di tutti, dove era previsto l’uso delle maschere e diverse rappresentazioni simboliche.
La celebrazione dei Saturnalia consisteva quindi nel riprodurre l’età dell’oro attraverso sontuosi banchetti, balli sfrenati e dissolutezza, le gerarchie e gli obblighi sociali venivano messi da parte ed anche gli schiavi partecipavano ai festeggiamenti eleggendo un Princeps, vestito con abiti sgargianti e una maschera, come caricatura della classe dominante.
Mentre nell’antica Grecia, durante le Dionisie, grandi processioni e rappresentazioni teatrali radunavano l’intera popolazione, facendo in modo che venissero temporalmente dimenticate le diverse convezioni sociali, quindi, dove è nato il carnevale? In Grecia o nell’antica Roma? Non si sa con certezza, ma sicuramente le sue origini sono da ricercare in queste due antiche tradizioni, Saturnali e Dionisie, perché in entrambe l’ordine sociale veniva rovesciato e schiavi e liberi cittadini si riversavano nelle città per far festa con musica, costumi variopinti e balli sfrenati.
Durante questi festeggiamenti, gli schiavi potevano comportarsi come se fossero uomini liberi ed eleggevano un Princeps che era una vera e propria caricatura della classe dominante. Il Princeps veniva investito di ogni potere, si vestiva con capi sgargianti, indossava una maschera e rappresentava la personificazione di una divinità degli Inferi, Saturno o Plutone: secondo le credenze dell’epoca, queste divinità vagavano sulla terra durante l’inverno e i riti e le offerte del periodo di Carnevale servivano a farle tornare nell’oltretomba, favorendo il raccolto della stagione estiva in arrivo e finito il periodo di festa, l’ordine veniva ristabilito e ognuno riprendeva il proprio posto nella società.
Quando il cristianesimo, con l’Imperatore Costantino, divenne religione ufficiale, il Carnevale fu in un primo momento bandito perché considerato una festa pagana ma le usanze carnevalesche però non scomparirono mai del tutto e continuarono a sopravvivere come feste legate al ciclo delle stagioni e alla rinascita del raccolto.
Anche nel Medioevo il Carnevale continuò ad essere celebrato come un periodo dell’anno in cui le regole e la morale comune venivano letteralmente sospese: gli uomini si travestivano da donne, i ricchi da poveri e viceversa, secondo l’antica tradizione per cui “è lecito essere folli una volta l’anno” in cui banchetti, danze e rituali erano tutti dedicati alla terra e all’agricoltura.
Durante il Rinascimento i festeggiamenti carnevaleschi raggiunsero il massimo dello sfarzo, tutte le classi sociali partecipavano in massa a feste opulente e i regnanti organizzavano spettacoli per il divertimento di tutti.

Risalgono a questo periodo le mascherate sui carri, chiamate “Trionfi”, accompagnate da canti e organizzate per la prima volta da Lorenzo de’ Medici a Firenze: i Trionfi consistevano in una sfilata di carri addobbati che venivano accolti da una folla di persone mascherate che intonavano canti su musiche composte per l’occasione.
“Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza”, così inizia Il Trionfo di Bacco e Arianna, il più famoso dei Canti Carnascialeschi (Carnevaleschi) composto dal signore di Firenze Lorenzo de’ Medici in occasione del Carnevale del 1490.
Questo canto accompagnava, cantato e musicato, uno dei Trionfi (carri allegorici, mascherati), in questo caso quello di Bacco, accompagnato dal suo seguito: Arianna, ninfe e satiri, che, inventati probabilmente da Lorenzo stesso, usavano sfilare per le vie di Firenze durante il carnevale ela tradizione di queste parate di carri mascherati nel periodo di Carnevale ebbe grande fortuna anche in tutto il Cinquecento.
Ma c’è anche una leggenda che mi veniva raccontata da piccola, e penso che anche ad alcuni di voi è stata raccontata, in cui narra che Carnevale non solo era un Re molto ricco e potente, ma era anche molto generoso e le porte del suo palazzo infatti, non venivano mai chiuse e chiunque poteva entrare nelle cucine e mangiare tutti i piatti prelibati preparati dai cuochi ma i suoi sudditi, anziché essere grati per la generosità del loro re, a poco a poco cominciarono ad approfittarsene e a mancargli di rispetto.
Lo deridevano così tanto che il povero Re non usciva più dal palazzo per timore di essere preso in giro ed allora si ritirò nelle cucine dove passava il tempo a bere e a mangiare, così diventò grasso come un pallone, con il volto paonazzo e il ventre gonfio, un sabato però, dopo aver mangiato più del solito, si sentì terribilmente male e sentì che stava per morire, capì che la sua ingordigia lo aveva rovinato, ma nonostante tutto non era pentito della vita allegra che aveva condotto, era soltanto dispiaciuto di doversene andare solo e abbandonato da tutti.
Re Carnevale a quel punto si ricordò allora di avere una sorella, Quaresima, che aveva cacciato anni prima da corte, la mandò a chiamare affinché si prendesse cura di lui, Quaresima accorse al capezzale del fratello malato e accettò di assisterlo, ma in cambio pretese di essere incoronata regina alla sua morte, Re Carnevale accettò la sua proposta e così visse gli ultimi tre giorni della sua vita, domenica, lunedì e martedì, mangiando come non mai e divertendosi un mondo, tra balli, maschere e musiche e la sera del martedì ,denominato grasso, morì e sua sorella Quaresima salì al trono, lavoro duro e grosse penitenze furono le caratteristiche del suo regno.

Ma non possiamo dimenticare che da sempre, in queste settimane di festa non solo ci si diverte e ci si maschera masi mangiano anche tante prelibatezze, in particolare dolci, questo perché bisognava prepararsi al lungo periodo di digiuno che coincide con la Quaresima: durante il periodo di Carnevale era quindi concesso esagerare un po’ con le golosità e non è un caso che i dolci tipici siano praticamente tutti fritti.
L’Italia è piena di ricette carnevalesche, la maggior parte delle quali si assomigliano ma prendono nomi diversi e sono caratterizzate da piccole varianti e per esempio, le chiacchiere di Carnevale diventano frappe, cenci o bugie a seconda della zona d’Italia in cui le mangiate, ma sono sempre dei dolci a forma di nastro fritti e cosparsi di zucchero a velo, e questo vale anche per le castagnole, le graffe e i ravioli dolci.
Altre tradizioni la attribuiscono l’origine del Carnevale a Momo, Dio alla corte di Zeus.
Momo, dal greco momos, biasimo, è una figura della mitologia greca, un dio alla Corte di Giove, figlio della Notte rappresentato come un omino calvo e minuto, senza vestiti e con in mano una maschera e un bastone, è la personificazione del biasimo e della derisione.
Le sue provocazioni erano tuttavia giustificate dalla sua incontrollabile attitudine alla verità, aspetto che lo ha portato anche ad essere scelto spesso come consigliere o giudice nelle dispute tra gli dei.
Tra gli episodi più celebri che coinvolgono Momo c’è quello in cui Zeus decise di ridurre il numero crescente di uomini sulla Terra, distruggendo l’umanità con fulmini e inondazioni, il piccolo omino padre del Biasimo suggerì il matrimonio tra Teti (Dea greca del mare) e Peleo (Re di Ftia, in Tessaglia) da cui nasce la seducente Elena, la cui bellezza sarà la causa della Guerra di Troia.
Un altro evento che vede protagonista Momo è quello in cui le divinità gli chiedono di designare l’opera migliore tra il toro portato da Zeus, l’uomo creato da Prometeo e la casa edificata da Atena, Momo avanza le sue critiche per ciascuna delle idee proposte, perché a suo dire ciascuna presentava dei difetti. Il toro non aveva gli occhi posti sulle corna, caratteristica che rende più difficile mirare al bersaglio, l’uomo non aveva la mente posta all’esterno, con la conseguenza che non sarebbe stato possibile leggere i suoi pensieri e tenersi alla larga dai cattivi, la casa, infine, non avendo le ruote, sarebbe rimasta immobile, rendendo impossibile il trasferimento nel caso in cui ci fosse un vicino molesto.
Quindi, secondo il mito, Momos era un Dio fastidioso che cercava sempre di evidenziare i difetti delle persone, riusciva a capovolgere le situazioni e a farle sembrare negative
Gaia, la Dea greca che simboleggia la Terra, si sentì molto pesante, andò da Zeus e gli chiese aiuto.
Preciso che nell’antica mitologia greca, gli dei agivano sempre dopo un grande consiglio sul Monte Olimpo, Momos era lì e consigliò a Zeus di iniziare una guerra tra gli uomini in modo che Gaia potesse alleggerirsi, questa è stata presumibilmente la causa della guerra di Tebe.
Questo aiutò Gaia per un po’, ma alla fine le cose si fecero di nuovo pesanti, questa volta Momos disse a Zeus che avrebbe dovuto dare alla luce un semidio di bellezza stravagante e che avrebbe dovuto anche unirsi a una fata con un umano comune, unì la fata Teti con Pileo e ebbe anche una figlia con Leda (Zeus si trasformò in un cigno per sedurla sulle rive del fiume Eurota) quindi ecco: Teti e Pileo ebbero un figlio, Achille mentre Zeus e Leda ebbero una figlia, Elena.

Momos era dietro la Guerra di Troia, e dopo questa guerra, Momos ritenne Zeus responsabile di tutto ciò che era accaduto, Zeus decise che Momos era un calunniatore e decise di cacciarlo dall’Olimpo, che era considerato la dimora degli dei.
Anche Afrodite (Divinità greca dell’amore, in nella religione romana la stessa divinità veniva chiamata Venere), è costretta a sopportare il sarcasmo di Momo poiché non avendo nessuna imperfezione essendo la Dea della bellezza, fu derisa per lo scricchiolio dei suoi sandali e i numi (le Divinità) provati dai ripetuti scherni finirono con il cacciarlo dall’Olimpo, il nuovo posto che gli fu assegnato era accanto all’unico in grado di comprenderlo: Dioniso, dio del vino e dell’ebrezza.
Io dico che Momo era cieco! Dato che le imperfezioni di Afrodite-Venere erano note come il noto strabismo di Venere o come dito medio della mano più lungo del palmo e altri ancora, amiche miei anche le Dee avevano i loro difetti e imperfezioni!
Secondo alcune narrazioni, una volta scagliato per dispetto sulla Terra, Momo si trovò solo e triste, così diede vita al Carnevale.
Questa è la storia di Momos, questa storia ha dato origine a quello che in Grecia chiamiamo “Mοmogeros“, che è un mix delle parole Momos, persona anziana, Mοmogeros significa persona anziana che è vile e cattiva con i giovani e cerca di ingannarli.
Momos è sopravvissuto oggi grazie alla gente di Ponto, che è una razza di antichi greci che esiste ancora oggi e parla una lingua molto simile all’antico greco, l’usanza di Momogeros ai carnevali è molto antica e nessuno sa esattamente quando è iniziata, un tempo si svolgeva autonomamente nei villaggi della Grecia.
Ma Momo è legato anche al grande carnevale del Brasile dove ancora oggi si festeggia “Rei Momo “, il Re del Carnevale a cui i sindaci delle città cedono simbolicamente le chiavi e la Fascia dell’Amministrazione Pubblica nei giorni che precedono la Pasqua.
L’ironia di questa controversa figura di Momos lo porta a essere un giudice giusto, ma senza misura, già come è la vita a volte ci si è difronte ad un giudice senza misura ma ora godiamoci la festa e divertiamoci qualunque sia il suo significato!
Ovunque voi vi troviate Vi auguro Buon Carnevale e che festa mascherata sia!
Da Parte mia è tutto.
Alla Prossima da SonoSoloParole.
Buon carnevale sonosolooaroe,buone le chiacchere molto invitanti gnam gnam buona festa a tutti ….cara sonosoloparole, se fossi una maschera,……quale sceglieresti quale t somigla di piu???
Ciao Paola innanzitutto grazie dei bei commenti e di leggere i miei articoli. Non è che ami “travestirmi” o usare maschere ma se devo scegliere utilizzerei il travestimento da Mercoledi Addams poi con il balletto è perfetto ah ah….
Ogni persona merita di tornare bambino/a una volta all’anno e volare tra coriandoli di cielo e manciate di sogni, a inseguire un cielo mai visto!
Ciaoooo!!