I Gotthard sono gruppo heavy metal fondato a Lugano in Svizzera nel 1992, avete capito bene Lugano, la sede di Radio Febbre e di uno dei nostri Founder, Liga!
I Gotthard inizialmente si chiamavano Krak poi la band cambiò nome in Gotthard, ispirato dal nome del Passo del San Gottardo, nel Canton Ticino utilizzando un evidente gioco con le parole inglesi “got” e “hard”.
Correva l’anno 1992 quando l’amatissimo e compianto Steve Lee, Leo Leoni e Marc Lynn si incontrarono e decisero di fondare i Gotthard, da allora si potrebbe raccontare una storia piena di successi: 14 dischi pubblicati, senza contare i live album, cambi di line-up imposti dal destino, e una risalita straordinaria che culmina con questo ultimo “Stereo Crush” ma il discorso da fare su di loro sarebbe molto più ampio, dal momento che la discografia degli svizzeri è stata sempre costellata di ottimi lavori che avrebbero dovuto avere una maggiore visibilità e un successo più grande rispetto a quanto raccolto.
Gli elvetici Gotthard, probabilmente, rientrano tra quelle band che avrebbero meritato miglior sorte e non parlo solamente della triste dipartita del cantante storico, Steve Lee.
Era il 5 ottobre 2010 quando, durante un viaggio in motocicletta da Las Vegas (Nevada) a Saint George (Utah) assieme a 22 motociclisti, tra cui un membro del gruppo, il bassista Marc Lynn, Steve Lee venne urtato da una motocicletta durante una sosta sul bordo della strada Interstate 15 vicino Mesquite (Nevada, USA), sosta effettuata per indossare una tuta per la pioggia, lì un mezzo camion investì alcune moto parcheggiate, una delle quali colpì Lee, per lui non ci fu più nulla da fare poiché mori sul posto.

Cosa assurda fu che, due mesi prima dell’incidente mortale, Steve Lee era stato coinvolto in un altro brutto incidente stradale in Italia, mentre rientrava dalle vacanze con la sua compagna Brigitte Voss (Miss Svizzera 1981) e la figlia 15enne di quest’ultima, la loro auto era stata violentemente tamponata sull’autostrada A1, in provincia di Firenze, Steve e ragazza erano rimasti illesi, mentre per la compagna, la Voss fu ricoverata all’ospedale con fratture alle vertebre.
Steve Lee è stato premiato postumo agli Swiss Music Awards 2011 con il Tribute Award.
Archiviata, purtroppo in modo drammatico, l’era Steve Lee, da ormai 13 anni Nic Maeder è saldamente al microfono ed è indubbio che con lui il sound dei Gotthard si sia ammorbidito non di poco.
Il 21 Marzo 2025, dopo ben 5 anni di assenza dal mercato discografico, ecco tornare la band del Canton Ticino in attività da 33 anni col nuovo lavoro dal titolo “Stereo Crush”, un album di 12 tracce e 43 minuti di paradiso del rock and roll.
La band è attualmente formata da: Nic Maeder cantante; Leo Leoni e Freddy Scherer alle Chitarre; Marc Lynn al Basso e da Flavio Mezzodi alla Batteria.
Il nuovo lavoro è stato prodotto dall’ormai ultra esperto Charlie Bauerfeind (vi ricordo esser il produttore discografico e fonico tedesco, noto per aver prodotto album di gruppi power metal come Angra, Blind Guardian, Helloween, Primal Fear, Rage, HammerFall e Saxon, alcuni di questi gruppi ne avrete sicuramente sentito parlare dato che ne ho parlato in alcuni miei articoli e fatto richieste ai Dj nelle loro dirette) e dal chitarrista e leader Leo Leoni e con “Stereo Crush” I Gotthard giungono al loro quattordicesimo album.
La band elvetica ha attraversato nel corso della sua carriera varie fasi, passando dall’hard rock sanguigno delle origini, sotto la guida di Chris von Rohr (ex Krokus), a uno stile più incentrato sulle melodie, che ha portato anche ad ottenere un maggiore successo commerciale, soprattutto a partire da “Human Zoo” del 2003.
La tragica scomparsa dello storico cantante Steve Lee ha poi portato ad ulteriori cambiamenti, con l’innesto di Nic Maeder dietro al microfono e un sound con venature più “settantiniane”, particolarmente evidenti in dischi come “Bang!” o “Silver”.
L’album “#13” in qualche misura ha segnato un’ulteriore svolta nel percorso musicale, con il sound decisamente più incentrato sulle chitarre, pur continuando ad utilizzare tastiere e hammond, il cui contributo risultava però decisamente più marginale rispetto ai dischi precedenti: un sound in qualche modo più vicino a quello delle origini, ma che al tempo stesso strizzava l’occhio ad un rock fresco e moderno. Va evidenziato come il disco fosse uscito proprio poco prima che scoppiasse la pandemia e pertanto ha impegnato la band per una lunga promozione negli anni successivi, a causa di tutti i tour e i concerti rimandati nel 2020 e anche per questo motivo, benché siano passati 5 anni, il nuovo lavoro, intitolato “Stereo Crush”, si ricollega strettamente al suo predecessore e prosegue senza dubbio il percorso intrapreso con quel disco.
Diciamo che comunque si tratta di un album alquanto vario, con il quale i Gotthard fanno tesoro di tutta la propria esperienza ed il proprio background: c’è pertanto sempre una grandissima attenzione per le melodie, con brani senz’altro accattivanti come “Thunder & Lightning”, “Shake Shake” e “Dig A Little Deeper”.

Dal canto suo, Nic Maeder è molto versatile con la sua voce e in grado di esaltare canzoni caratterizzate da riff duri e rocciosi, come l’iniziale “AI & I” o “Boom Boom”, o di emozionare su altre decisamente più dolci e delicate, quali ad esempio le splendide “Burning Bridges” e “Life”.
Qualche traccia mantiene anche un tocco “blueseggiante”, come nel caso di “Drive My Car” a cui viene data una chiara venatura hard rock (cover dei Beatles originariamente registrata dai Beatles nel 1965, che con questa versione mi ha invece un po’ fatto pensare agli Aerosmith) o “These Are The Days”, dove la band si è avvalsa anche di passaggi con l’armonica.
Tra gli high light annoveriamo pure un bell’uptempo come “Liverpool”, Lennon e soci sono qui sono nuovamente citati, sembra davvero essere un omaggio dichiarato ai Fab 4 e che peraltro vede la band tornare a collaborare proprio con Chris von Rohr già da me menzionato sopra.
Nell’insieme, comunque, il disco è gradevole e funziona bene: il nuovo batterista Flavio Mezzodi si è inserito molto bene nella sezione ritmica, mentre la coppia alle 6 corde composta da Leo Leoni e Freddy Scherer, ormai ben affiatata e ampiamente collaudata, brilla in modo particolare grazie a questa scelta operata in sede di produzione (affidata all’esperto Charlie Bauerfeind) di mettere molto in primo piano le chitarre.
A parer mio “Stereo Crush” rappresenta un ritorno convincente per il gruppo elvetico: magari qualche brano, nello sforzo di essere catchy e molto diretto, rischia di suonare un po’ banale e non sarebbe guastata la presenza di qualche altra traccia dal sound più vigoroso, ma ci sono senz’altro tante buone canzoni, per cui possiamo concludere che si tratta a mio parere di un bel disco, nel quale ancora una volta i Gotthard sono riusciti a far valere tutta la loro classe e la loro esperienza.
“Stereo Crush” non è un disco da ascoltare stando fermi, la tentazione di muoversi è troppo forte, da subito, a partire dalla doppietta iniziale, “AI & I “, con un titolo che gioca sull’assonanza fra vocali, è uno di quei brani caratteristici del nuovo corso dei Gotthard, fulmineo e dalle sonorità moderne, con un ritornello che si stampa a fuoco nella testa.
Segue uno dei singoli che hanno anticipato l’uscita del disco, uno di quelli che ci ha fatto tirare un sospiro di sollievo e fatto pensare che questa volta sarebbe andata meglio delle uscite precedenti, sto parlando di “Thunder & Lightning”, traccia dalle sonorità più legate all’hard rock classico, con una melodia in cui si alternano cori, attimi delicati e un ritornello, ancora una volta, accattivante e ispirato.
Anche il terzo singolo pubblicato, “Rusty Rose “, faceva ben sperare, con il suo equilibrio fra un’introduzione melodica su cui si innestano un riff ritmato da parte di un Leo Leoni in forma come non mai e la voce di Nic Maeder, in un connubio ormai indissolubile.

La prima parte di “Stereo Crush”, insomma, non presenta cedimenti, e per fortuna questa tendenza si conferma anche nel resto del disco, che questa volta è frutto di un lavoro ispirato e rimette in scena la band al massimo del suo fulgore.
La traccia (versione travolgente) di “Drive My Car” dei Beatles, resa in una versione hard rock moderna in perfetto Gotthard-style, è vero che la band di Lugano non ha mai avuto problemi a confrontarsi con grandi classici del passato, basti pensare alla loro versione di “Mighty Queen”, e questo estratto dall’album “Rubber Soul”, già un disco capolavoro di suo, conferma la capacità dei Gotthard di fare propri grandi brani del passato dando loro una forza nuova.
Il cavallo di battaglia dei Gotthard da sempre, però, sono le ballad, ecco allora “Burning Bridges” per rallentare appena un po’ il ritmo, e ancora di più la delicata “Life “, in cui Nic Maeder tira fuori le sfumature più vellutate della sua voce e la chitarra acustica in sottofondo, unita ai grandi arrangiamenti corali, altro tratto distintivo della band, danno luce e speranza ai momenti più bui dell’esistenza.
Con la parte finale dell’album si torna invece a ritmi più sostenuti, “Devil In Moonlight“, anch’essa sostenuta dai cori e da uno dei consueti assoli di chitarra di gran pregio, si imprime con velocità in memoria, così come “Dig A Little Deeper“, dal ritmo un po’ più lento e resa interessante dalla parte strumentale nel finale.
“These Are The Days”, con cui si conclude l’album, è una power ballad in parte acustica, impreziosita da un accompagnamento di armonica a bocca che invita a guardare avanti e a rifuggire le malinconie del passato, con un mix di country rock, un po’ nostalgico, come la sua riflessione sul tempo che passa, ma fiducioso nel futuro, perché il domani è il meglio che possa arrivare.
Un’inarrestabile voglia di musica scorre nella formazione svizzera, fatta da una corteccia rock dura e da un cuore dolce che si palesa nelle straordinarie ballad, che insieme all’energia esplosiva sono i punti di forza dei Gotthard, ma se non conoscessimo la lunga carriera di Leo Leoni e soci, penseremmo che il nuovo “Stereo Crush” sia stato scritto da un giovane gruppo, fresco di voglia di esibirsi on stage e desideroso di arrivare dritto al cuore dell’ascoltatore!
Canzone dopo canzone otteniamo buoni riff, canti forti, ritornelli orecchiabili e un buon ritmo fermo, secondo me forse avrebbero potuto lavorare un po’ sui testi con pezzi come “Boom Boom” e “Shake Shake” che forse avrebbero bisogno di un po’ più di raffinatezza.
Il Gottardo si erge maestoso a 3.192 metri sul livello del mare, e l’eredità della HARD ROCK band svizzera GOTTHARD è altrettanto impressionante, il gruppo è veramente una pietra miliare della scena MELODIC HARD ROCK europea e continua a proporre il suo caratteristico mix di HARD ROCK.
I riff energici e un po’ ruffiani della opener rapiscono l’orecchio dalle prime note, il suo ritmo ci coinvolge in melodie imprevedibili, e si ha la curiosità di proseguire l’ascolto.
Chi ama i Gotthard a mio parere si innamorerà subito di “Thunder & Lightning”, “Rusty Rose” o “Liverpool”, con il loro mood dolce ma allo stesso tempo capace di stuzzicare gli appassionati dei suoni hard rock più ruvidi.
“Burning Bridges”, una canzone semplice, fatta di un crescendo di suoni dolci e carichi di forza espressiva, un capitolo da ascoltare in loop.
Mentre il secondo pezzo lento, “Life”, è pura melodia soffice e soave, che ci porta a un rock più lontano e beatlesiano.
Dello stesso gruppo di Liverpool la cover di “Drive My Car”, rivisitata in versione Gotthard, con un maggiore accento sulle chitarre e sul ritmo, ma c’è ancora spazio per il rock divertente di “Boom Boom”, un pezzo scritto da Leoni per esprimere i suoi sentimenti verso il figlio Gabriel, nella ripetizione del chorus, immaginiamo lo stesso Leo cantare sorridendo con il piccolo in braccio.
Dal rock melodico/AOR del primo singolo da classifica “Thunder & Lightning”, alle ballads piano, voce e chitarre (“Burning Bridges“), ai pezzi più marcatamente hard rock quali la sostenuta opener “AI & I”, la ruvida “Rusty Rose”, con ampio uso del vocoder da parte del mastermind Leo Leoni, le solari “Drive My Car” e “Liverpool”, i pezzi scorrono via abbastanza piacevolmente.
L’ultima considerazione che voglio fare è che “Stereo Crush” diventa più efficace se lo si ascolta dall’inizio alla fine senza interruzioni, i singoli brani, presi da soli, sono sì interessanti, ma è l’ascolto continuativo di tutto a dare un valore aggiunto alle tracce e questo dimostra come i Gotthard siano riusciti a costruire un lavoro che, nonostante le differenze fra i pezzi, ha una sua omogeneità di fondo che si percepisce fin dal primo ascolto, insomma, questa volta la prova è superata a pieni voti, per fortuna.

Per i fan dei GOTTHARD ricordo che saranno il 20 Maggio 2025 all’Alcatraz di Milano per l’unica data Italiana e in apertura di concerto si esibiranno gli svedesi ECLIPSE gruppo fondato nel 1999 da Erik Mårtensson.
Ogni capitolo di “Stereo Crush” ha una struttura solida, forte della cura di ogni dettaglio e della bravura dei suoi esecutori, costruito con esperienza e talento, il disco si permette di accelerare i ritmi e spingere sull’hard rock come in “Devil in the Moonlight”, di tuffarsi in funambolici assoli di chitarra in “Dig A Little Deeper”, di aggiungere melodie catchy come in “Shake Shake” o di rallentare inserendo delicate note di pianoforte, ma c’è anche spazio per giocare con i suoni e la voce.
Alla fine, otteniamo sempre un risultato interessante che trascina l’ascoltatore in un magistrale gioco melodico, regalando un disco apprezzabile non solo dagli amanti del rock, ma da tutti.
Eppure il lavoro parte con un pezzo dai sapori grunge come “AI & I” che ricorda vagamente, soprattutto nel ritornello, gli Alice In Chains, poi arrivano dei brani che sanno tanto di Bon Jovi quali “Thunder & Lightning” e “Rusty Rose” che se le avesse scritte negli ultimi anni l’artista originario di Sciacca si griderebbe al miracolo per l’ispirazione ritrovata, invece queste due canzoni portano la firma dei Gotthard e, probabilmente, non avranno il giusto riconoscimento che meriterebbero.
Qualche momento di intoppo, comunque, non manca, “Boom Boom”, ad esempio, uscito come singolo, non è un brano che fa strappare i capelli, ma sono piccoli momenti di crisi che all’interno di un disco ben fatto come questo ci possono anche stare, ad ogni modo i Gotthard sono una garanzia, perché riescono sempre a tirare fuori belle canzoni che non passano mai inosservate.
“Stereo Crush” è il loro nuovo capitolo e presenta tutte le caratteristiche che, ormai, sappiamo bene appartenere alla formazione dell’indomabile Leo Leoni, ovvero robustezza e melodie in grandissima quantità.
A me non mi resta che dire Ben Tornati Gotthard e buon ascolto a tutta Musica!
Da parte mia è tutto.
Alla Prossima da SonoSoloParole.
Ciao SSP, non nego che leggere la tua recensione di una delle band svizzere più conosciute nel mondo che ho incrociato nel mio percorso professionale in diverse occasioni, mi ha emozionato. Oltre al ricordo del compianto Steve Lee, vorrei aggiungere il mio personale pensiero per un loro amico, prezioso collaboratore e musicista che ci ha lasciato non molto tempo fa e con il quale ho mosso i miei primi passi nel mondo dell’audio, nel suo mitico studio di registrazione. Ciao Kiko Berta, sei stato prima di tutto un grande maestro di vita e poi anche un maestro del suono…
Ciao Liga, grazie per aver condiviso con tutti noi questo tuo bel ricordo era proprio questo quello che mi ero presupposta, creare con ciò che pubblico un ponte tra le canzoni e i nostri ricordi, un sblocca-ricordo.
Si, Enrico “Kiko” Berta, fondatore dei Forsale (dove proprio Lee iniziò la sua avventura come batterista) poi diventati Gotthard, col la fondazione del suo studio di registrazione ha dato modo a tanti giovani gruppi di incidere i propri pezzi, Oltre ad esser un produttore, discografico, ingegnere del suono, era anche un ottimo musicista a sua volta con la sua chitarra, il suo basso e la sua fisarmonica.
Su Steve Lee voglio dire che a vederlo sul palco, due cose mi colpirono subito, una era la voce, potente, calda e cristallina, dall’estensione impressionante, l’altra era il puro piacere che esprimeva nello stare lì, quell’energia positiva che sprigionava con la sua band, mentre di fronte al pubblico faceva ciò che amava di più. Quando poi da quel palco scendeva, a restare impresse erano invece la gentilezza, la disponibilità con cui si poneva verso chiunque avesse intorno, l’assoluta mancanza di arroganza, lo definirei un “gentleman rocker”, così era Steve Lee, il più grande cantante rock che il Ticino e la Svizzera abbiate mai avuto.
Steve Lee ci ha lasciato il ricordo incancellabile di un essere umano come pochi, che aveva il dono di scaldarci il cuore con la sua voce, in grado di passare con versatilità dalla grinta di una vibrante verve rock al sentimento struggente di un uomo sensibile come pochi.